venerdì 22 febbraio 2013

AGENDA Rom e Sinti Regione Veneto

AGENDA

Rom e Sinti in Veneto
Premessa


Noi sinti e rom siamo la più grande minoranza europea – oltre 10 milioni distribuiti in tutti i Paesi -;
non abbiamo una terra di riferimento, neppure l’India delle lontane origini, non abbiamo, come altre
minoranze disperse, rivendicazioni territoriali, quindi non abbiamo mai fatto guerre per rivendicare
qualcosa, non abbiamo sedi di rappresentanza, siamo cittadini del luogo nel quale vivono. Siamo
quindi il perfetto popolo europeo, ma ciononostante siamo il popolo più discriminato d’Europa,
tanto che nel Consiglio d’Europa vi è un commissario ad hoc con il compito di favorire specifiche
politiche di contrasto alla discriminazione e di inclusione sociale e civile.
Nella regione Veneto noi rappresentiamo una piccola minoranza, appena il 3 x mille della
popolazione, ma siamo percepiti come una parte estranea e come un problema sociale insolubile.
Benché in gran parte siamo cittadini italiani, continuiamo ad essere considerati fondamentalmente
come “estranei” e “nomadi”.
Il “nomadismo” moderno è piuttosto rappresentato dall’essere ancora e fondamentalmente un
popolo che vive ai “confini”, in zone di cerniera tra le città e le nazioni, nel tentativo di costruire dei
rapporti di pacifica convivenza e di mantenimento della propria identità, per molti versi non
omologabile con il resto della società, un’identità che consiste anche in una concezione di vita, che
si può anche definire uno stato dell’anima, un modo di vedere il mondo, lo spazio e il tempo.

La situazione di partenza
Anche per questa nostra “irriducibilità” all’omologazione, le amministrazioni pubbliche non hanno
mai fatto una politica che non fosse quella del contenimento e della marginalizzazione delegandone
la gestione alle associazioni del privato sociale. Questa scelta ha escluso la nostra partecipazione e il
nostro contributo privilegiando la cultura dell’assistenza anziché quella della responsabilità. Alla
logica di contenimento e di marginalizzazione si sono aggiunte discriminazione e ostilità,
sfruttamento politico della fragilità sociale, senza politiche che favorissero la convivenza. Così i
campi regolari sono diventati ghetti, mentre per i campi irregolari c’è stata una vera e propria
persecuzione con continui sgomberi che hanno infierito su famiglie in condizioni di grave degrado e
difficoltà sociale, senza che questa scelta modificasse sostanzialmente le presenze numeriche, in
compenso ha approfondito la discriminazione nei nostri confronti.
A livello regionale si sono attuate politiche di contenimento, con interventi legislativi e accanimenti
locali discriminatori e illegali (dal sequestro dei terreni al divieto di sosta per “nomadi”), Legge
regionale 22 dicembre 1989, n. 54 positiva sul piano sociale e culturale, non è mai più stata finanziata.



Regione Veneto


Il quadro mutato
Il fatto più importante per l’immediato è, dopo quella da parte del governo italiano, l’approvazione
da parte della Commissione europea della “Strategia nazionale per l’inclusione delle comunità rom,
sinte e caminanti”, elaborata dall’UNAR con la partecipazione delle associazioni rom e sinte, che
introduce novità rilevanti: l’intervento su quattro assi - abitare, lavoro, scuola e salute - prevede il
nostro diretto coinvolgimento destinando i fondi disponibili a progetti condivisi.
Altro fatto di grande importanza è l’approvazione del riconoscimento delle lingue rom e sinti tra le
minoranze linguistiche in Commissione Esteri della Camera, in sede di ratifica della Carta europea
delle lingue regionali. Questo è il primo passo, poi dovrà decidere il Parlamento per il
riconoscimento giuridico dello status di minoranze linguistiche, elemento determinante per il
superamento dell’emarginazione e della discriminazione che viviamo ogni giorno.
In questo quadro mutato si inseriscono le elezioni per il rinnovo del presidente e del consiglio della
regione Lombardia, un’occasione per inserire nelle linee guida della amministrazione regionale
obiettivi e interventi per le nostre comunità presenti sul territorio.
Le comunità, rappresentate dalla Federazione Rom e Sinti insieme, formulano una proposta di
merito e con obiettivi concreti.

La convivenza
Noi non parliamo di integrazione o di inclusione, termini che non corrispondono al nostro sentire,
perché non ci sentiamo né diversi da integrare, né esclusi da includere. Noi siamo parte della
comunità nella quale e con la quale vogliamo convivere con la nostra identità. Per chi parla di
inclusione o di integrazione questo significa prima di tutto contrastare il pregiudizio e la
discriminazione che hanno fatto delle nostre comunità il capro espiatorio del disagio sociale e lo
strumento prediletto di campagne di stampa e politiche razziste e fomentatrici di un odio che ha
lasciato un segno profondo nella coscienza collettiva. Chiediamo perciò di valorizzare le risorse
umane delle nostre comunità non solo nella gestione organizzativa ed economica delle realtà
presenti sul territorio comunale, ma anche nella costruzione di un rapporto di scambio sociale e
culturale con le istituzioni e con la cittadinanza.
Impegnarsi per l’inclusione vuol dire risolvere i problemi diversi che hanno le diverse comunità. Il
lavoro è un problema di tutti, il diritto allo studio non si risolve con la semplice iscrizione ma con
un inserimento che non discrimini i nostri figli, il diritto alla salute deve essere reale (mentre vale
per gli extracomunitari non vale per i comunitari: per esempio i rumeni cittadini comunitari non
hanno accesso al SSN).
Far cessare la politica dell’emergenza vuol dire sospendere gli sgomberi senza soluzioni e senza
assistenza che hanno tormentato centinaia di famiglie. Questa scelta, la cui ragione principale era
mantenere costante la paura nei confronti dello “zingaro”, oltre al costo sociale altissimo ha avuto
anche un costo economico rilevante, che diversamente finalizzato avrebbe potuto risolvere i

Pproblemi fondo.
Per realizzare un progetto generale realistico occorre considerare che le nostre comunità sono tra
loro diverse pur essendo legate da cultura e lingua in gran parte comuni, perciò diverse possono e
debbono essere le soluzioni che le riguardano. Questo è fondamentale sia per realizzare soluzioni
mirate e anche contenute nei costi, sia per realizzare una convivenza armoniosa e di incontro e
scambio culturale nel seno di una comunità più grande. Un obiettivo da perseguire nel rispetto
dell’identità di un popolo che ha attraversato secoli di discriminazione e di persecuzione
mantenendo intatta la consapevolezza di sé, che chiede rispetto e si impegna a rispettare le leggi.

Essere interlocutori
Siamo convinti che non esiste il “problema rom”, come non esiste l’”emergenza rom”. Esiste invece
una questione che riguarda la politica e la società che di noi Rom e Sinti hanno fatto un problema
per non aver avuto il coraggio di puntare sul riconoscimento, sulla responsabilizzazione, sulla
partecipazione delle nostre comunità. Per queste ragioni il primo punto di questa proposta riguarda
il nostro saper essere interlocutori. Questo vuol dire per noi assumere la responsabilità delle scelte
che facciamo: non vogliamo essere considerati bambini da prendere per mano da chi crede di poter
pensare e agire per noi. Vogliamo che all’assistenza si sostituisca la responsabilità, cioè la nostra
dignità di uomini e donne uguali agli altri in grado di pensare e fare proposte. In questo senso è
importante un nuovo rapporto con gli enti amministrativi regionale e comunali. rendendo noi rom e
sinti interlocutori effettivi delle politiche che ci riguardano, in grado di esprimersi, di fare proposte
e chiedere rispetto dei diritti come dei doveri con la costituzione di un tavolo istituzionale di
confronto permanente.

Il lavoro
Per noi sinti e rom il lavoro è determinante non solo sul piano dell’inserimento sociale, ma anche su
quello del contrasto al pregiudizio e alla discriminazione: quanti lavorano nascondendo la propria
identità o hanno perso il lavoro per non averla nascosta? Prima di tutto è necessario partire
dall’ascolto delle persone per poter predisporre canali diversificati nella ricerca e nell’offerta di
lavoro e sappiano tener conto di diversi fattori compresa la cultura sinta e rom che non ha la stessa
idea del lavoro dei gagi. Eliminare poi gli elementi discriminanti come il fatto che i servizi
all’impiego sono selettivi nei confronti dei rom e dei sinti e non sono accessibili per tutta la
comunità, perché anche questo ruolo è lasciato all’assistenza che è per forza selettiva (chi e dove
decide chi inviare ai servizi per il lavoro?) e dove questa non arriva non sono presenti figure che
possano svolgere questo ruolo essenziale. I progetti d’inserimento costosi e inefficienti (l’esperienza
delle borse lavoro è fallita perché dalle borse non si passa al lavoro) devono essere sostituiti da una
formazione finalizzata a un reale inserimento lavorativo per chi accetta questo percorso.

La mediazione
Anche per queste ragioni mettiamo al primo posto il ruolo fondamentale della mediazione come
elemento di supporto e collegamento con i servizi per l’avviamento al lavoro, in modo da non
escludere la maggior parte della popolazione rom e sinta regolare e irregolare oggi esclusa. Il
progetto di mediazione che proponiamo, oltre che per gli aspetti culturale, linguistico e sanitario, va
quindi aggiornato sul piano professionale,
Per offrire nuove opportunità di lavoro e nello stesso tempo per sostenere il passaggio
dall’assistenza alla responsabilità una scelta netta consiste nell’affidare a noi rom e sinti, anche
organizzati in cooperative, la gestione dei campi là dove ci sono (manutenzione ordinaria e
straordinaria, accompagnamento dei minori a scuola, ecc.), così come si è sperimentato a Mantova
da vent'anni. Parte importante del progetto di autonomia e di inclusione sociale è un intervento delle
amministrazioni a sostegno di diverse forme di auto imprenditorialità, come per esempio la raccolta
di materiali di recupero (ferro, ecc.).



L’abitare
Premettiamo che oggi nessuna città è pensata per chi vi abita, tanto meno dopo le grandi
immigrazioni degli ultimi 20 anni che hanno cambiato profondamente la composizione sociale e
culturale delle città. Per i rom e i sinti, in generale non si parte mai dalla domanda di cos’è la qualità
dell’abitare e non si tiene conto che nessun modello è definitivo. Infatti, nel corso del tempo
l’oscillazione tra nomadismo e stanzialità ha caratterizzato le condizioni delle comunità rom e sinte,
legate a diversi fattori: la discriminazione e la persecuzione, il tipo di attività di diverse comunità
(musicisti, artigiani del ferro e del rame, ursari, giostrai, allevatori di cavalli, ecc.) e anche una
visione diversa dei confini, del rapporto con la natura e infine una diversa concezione della
famiglia. Questi elementi costituiscono parte della nostra storia e della nostra cultura e
caratterizzano anche le nostre esigenze rispetto all’abitare. Questa articolazione rende necessarie
diverse soluzioni – dal terreno privato alla microarea, dalla casa all’autocostruzione – che nel
quadro della limitata disponibilità dell’edilizia popolare può anche aiutare le amministrazioni a dare
soluzioni stabili e a costi economici e politici minori. In sostanza si deve tener conto dei modi e dei
tempi diversi con i quali maturano l’esigenza di vivere in casa, rispetto alla richiesta di mantenere la
vita collettiva nei villaggi.
Infine vi sono famiglie che praticano tuttora forme di vita itinerante per esigenze diverse (in
particolare per il lavoro nello spettacolo viaggiante), per le quali devono essere previste aree di
sosta attrezzate (anche attraverso l'applicazione della legge 337/1968) dal momento che non ci sono
leggi che vietano la sosta temporanea ma solo una infinità di ostacoli più o meno arbitrari, come
regolamenti comunali (che per esempio vietano la sosta specificando che il divieto riguarda
esclusivamente i “nomadi”), applicati a gruppi che su questa scelta basano la propria vita.

La cultura
Le nostre comunità nella loro articolazione hanno forti tratti comuni che ne caratterizzano l’identità,
non solo lingua e tradizioni ma un insieme di valori che definiscono una cultura che normalmente
non viene considerata come realtà con la quale confrontarsi quando ci si occupa delle nostre
comunità e dei loro problemi. In questo ci sono i grandi limiti della politica e degli enti che
gestiscono o si occupano di Rom e Sinti, limiti e anche interessi materiali che portano a ridurre la
cosiddetta “questione rom” a un problema di sicurezza e di assistenza. Tutto ciò ha un riflesso
pesante sul pregiudizio che caratterizza il rapporto della comunità maggioritaria, dei mezzi di
comunicazione e della politica nei nostri confronti. Attorno alla realtà delle tante comunità si sono
negli anni costruite relazioni esclusivamente di tipo assistenziale che, legate alle condizioni di
degrado e di povertà non solo materiale ma anche culturale, hanno impedito e impediscono un ruolo
attivo, di responsabilità diretta e di partecipazione alla vita civile e culturale della città se non per
casi isolati che non nascondono e non modificano la situazione generale.
Eppure questi casi isolati segnalano il potenziale di risorse creative, di una cultura profonda perché
difesa in secoli di emarginazione che si nasconde nei luoghi che l’immaginario collettivo vede solo
come discariche sociali.
Lo sguardo alle giovani generazioni, ai bambini e alle bambine che sorridono a chi si avventura in
una comunità è il punto di partenza e quello di arrivo di un progetto sociale e culturale: costruire
con loro e per loro un futuro diverso da quello che già sanno a loro destinato, nella dispersione
scolastica, nella condizione di chiusura in se stessi come difesa dalla discriminazione,
dall’esclusione sociale.
L’insieme di queste azioni che si propone alla futura amministrazione regionale si può
articolare in cinque punti/obiettivi:
1) aggiornamento e rifinanziamento della legge regionale del 1989;
2) costituzione di un tavolo tecnico di verifica dell'applicazione della Legge Regionale  
 “Legge nel Veneto per il governo del territorio”, rispetto a quanto previsto dalla Strategia
nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei camminanti in attuazione alla comunicazione della
Commissione europea n.173/20113) costituzione e finanziamento di Osservatori provinciali e
comunali per il contrasto delle
discriminazioni, come previsto dal comma 12 dell'articolo 44, Decreto Legislativo 25 luglio 1998,
n. 286
4) impegno per una legge regionale sul riconoscimento della minoranza linguistica rom e sinta
5) costituzione di un tavolo regionale anche su applicazione della Strategia nazionale per realizzare
forme reali di partecipazione delle comunità rom e sinte alle decisioni che le riguardano

Per la  Regione Veneto

Presidente:
Federazione Rom e Sinti Insieme
Davide Casadio

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