martedì 16 dicembre 2014

Roberto Benigni I 10 Comandamenti il prossimo sinto e rom ?

Per noi sinti e rom non sono stati liberati !  dai schiavisti del Uomo tiranno che colpisce la parte debole della società e lo fa diventare il problema  della sociata e dobbiamo farci liberare dl uomo malvagio.
Matteo 12:35 L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone; e l'uomo malvagio dal suo malvagio tesoro trae cose malvagie. Luca 6:45 L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore tira fuori il bene; e l'uomo malvagio, dal malvagio tesoro tira fuori il male; perché dall'abbondanza del cuore parla la sua bocca.
Il Dio che libera dalla schiavitù   
Quindi si entra nel merito del tema della serata: «La politica in questo momento non esiste: meglio buttarsi su Dio». Si parte da Mosè salvato dalle acque, Dio che sceglie di rivolgersi proprio a lui, «un extracomunitario ricercato», chiedendogli di salvare il suo popolo, e Mosè che gli risponde balbettando, «perché i difetti agli occhi di Dio sono grandezza». Poi ecco i primi tre comandamenti (gli altri sette saranno passati in rassegna stasera): «I comandamenti sono l'evento centrale di tutta la storia biblica, semplicissimi e vertiginosi. Sono comandi, regole, leggi che hanno a che fare con i sentimenti, l'amore, la bontà, la fedeltà». Punto di riferimento resta «il Dio liberatore che ci insegna come dalla legge venga la libertà e dalla libertà l'amore», il «Dio geloso, che ci vuole tutti per sé. Mi sembra di sentirlo: Robertino, dimmi la verità, non è che hai visto Buddha ieri sera?». Il Dio fondamento del concetto stesso di monoteismo, che ci vieta di «inginocchiarci davanti agli idoli, perché gli idoli addormentano. Ce da imparare da questo uomo !!!
Fermarsi per non perdere l'anima
Su «Non nominare il nome di Dio invano» Benigni allarga il discorso: «In 3500 anni di storia sono state combattute più guerre in nome di Dio che per qualsiasi altra cosa, e questa è la più grande bestemmia». Senza trascurare l'Isis che «usa il nome di Dio per terrorizzare gli uomini, ma questo è un delirio di dio, è un inno alla morte». Quanto alla santificazione delle feste, c'è la consapevolezza «che il riposo fa parte del lavoro» e che «il rombo della creazione sfocia nel silenzio del sabato. Il senso del tutto è nel silenzio. Pensate oggi quanto ce ne sarebbe bisogno: siamo tutti sempre connessi con tutto il mondo, ma disconnessi con noi stessi. Nessuno ha più il coraggio di rimanere da solo con se stesso. Ma i comandamenti ci dicono di fermarci: siamo andati talmente di corsa con il corpo, che la nostra anima è rimasta indietro. Fermiamoci – con questo appello Benigni chiude la serata - altrimenti l'anima ce la perdiamo per sempre».

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